Al vescovo di Como, che definisce "pericolosa e immorale" la pubblicazione dell'informativa sul direttore dell'Avvenire, il giornalista replica: "Da un prelato mi aspetterei un impegno per accertare la verità, non per nasconderla"
Roma, 1 settembre 2009
I vescovi italiani disponevano dell`"informativa" sul caso Boffo. L`avevano ricevuta insieme con la copia del certificato generale del casellario giudiziale. Lo scrive il Giornale in prima pagina, sotto un titolo a nove colonne . "Il sito internet Dagospia ha pubblicato ieri - aggiunge Il Giornale -ieri la testimonianza di un monsignore ben addentro alle liturgie della Santa Sede", secondo il quale "l`informativa è la classica minuta preparata per la Segreteria di Stato, destinatari il Papa e Bertone".
Sul tema Il Giornale ospita una dura lettera del Vescovo di Como, mons. Coletti, che definisce la pubblicazione
dell'informativa "operazione pericolosa e immorale". Mons. Coletti si chiede quali siano stati i criteri alla base della scelta di Feltri di pubblicare l'informativa: "Il fondato sospetto, confermato dalla testimonianza di tanti onesti e sconsolati giornalisti, è che fra i tanti criteri abbiano troppo spesso la prevalenza soprattutto due: far piacere all'editore di riferimento (leggi: il padrone) e vendere più copie del giornale". "Continua ad essere pericoloso - scrive mons. Coletti - erigersi a giudici dei peccati altrui". Pronta la replica di Feltri, con gli stessi toni: "Pericoloso è chi molesta e chi tace". "Perchè tace?- chiede Feltri a mons. Coletti - L'accusa che rivolge a me dovrebbe riservarla alla sua riverita persona; da un prelato mi aspetterei un impegno per accertare la verità, non per nasconderla".
"Tutti sanno quanti processi che coinvolgono il clero ci sono in Italia e all’estero. Voglio augurarmi che l’uso dell’artiglieria pesante non arrivi a un’attività di dossieraggio su personalità della Chiesa, ma non lo escludo". Lo ha detto il consulente informatico Gioacchino Genchi nel corso del contenitore politico «KlausCondicio», condotto da Klaus Davi su YouTube.
«Il crescendo c’è, con ottimi giornalisti che fanno un lavoro di assalto simile alle truppe dei marines... Ma probabilmente, più che cercare e causare lo scontro tra la Chiesa e Berlusconi, il vero scontro è all’interno della Chiesa».
«Di quel documento mi ha colpito la forma. Se lo leggiamo attentamente, ci accorgiamo e possiamo forse decifrare la mano. Nella forma si nota un cipiglio che mi sa molto di militare», osserva Genchi, secondo il quale «non è la mano di un poliziotto. Questo posso dirlo con assoluta certezza. Quella non è una forma, nonostante l’uso dell''eccellenza', che può essere rivolta a un appartenente della polizia che scrive al proprio capo".
"Vittorio Feltri ha fatto il suo mestiere. È sbagliato prendersela con lui. Io, anzi, mi complimento con la nuova direzione del ‘Giornalè perchè sicuramente Feltri sta facendo aumentare il numero delle copie, ha resuscitato un giornale che era dormiente".
Si compone di 2 pagine il decreto penale di condanna emesso nei confronti di Dino Boffo dal Gip del tribunale di Terni Augusto Fornaci il 9 agosto del 2004. Del provvedimento i giornalisti hanno potuto oggi avere copia dopo la decisione favorevole del giudice Pierluigi Panariello, il quale ha comunque disposto che dall'atto fosse cancellato il nome della parte offesa.
Nel decreto si legge che Boffo Dino, nato ad Asolo il 19 agosto del 1952', e' stato imputato 'del reato di cui all'articolo 660 c.p. perche', effettuando ripetute chiamate sulle sue utenze telefoniche nel corso delle quali la ingiuriava anche alludendo ai rapporti sessuali con il suo compagno (condotta di reato per la quale e' stata presentata remissione di querela) per petulanza e biasimevoli motivi recava molestia a omissis. In Terni dall'agosto 2001 al gennaio 2002'.
A proposito della frase sui rapporti sessuali il gip -rispondendo ai giornalisti- ha precisato che si devono intendere quelli tra la donna che aveva sporto denuncia e il proprio compagno. Il giudice ha inoltre ribadito che nelle carte processuali non c'e' alcuna informativa che riguardi le inclinazioni sessuali di Boffo.
Per questi motivi - si legge ancora nel decreto - il Gip ha condannato l'imputato in ordine al reato 'alla pena di euro 516 complessive di ammenda'. Nella parte finale del provvedimento si legge che il giudice 'ordina l'esecuzione del presente decreto ove non venga proposta opposizione nel termine sovra indicato'.
L'accesso indiscriminato a tutti gli atti del procedimento riguardante Dino Boffo da parte dei giornalisti e quindi la divulgazione dei documenti puo' 'recare pregiudizio al diritto alla riservatezza delle parti private coinvolte nel procedimento'. E' quanto scrive il gip di Terni Pierluigi Panariello nel provvedimento con il quale ha autorizzato il rilascio solo della copia del decreto penale di condanna nei confronti del direttore di Avvenire. Parere favorevole alla messa a disposizione dei giornalisti degli atti di indagine era stato espresso dal procuratore di Terni, Fausto Cardella.
Il magistrato ha fra l'altro sostenuto come sia 'indubbio che la vicenda Boffo, innescata da articoli apparsi su alcuni quotidiani, abbia assunto una notevole, determinante rilevanza giornalistica e generale, anche in relazione a taluni aspetti controversi che hanno formato spunto di dibattito su quotidiani'. Il procuratore ha inoltre sottolineato che sulla vicenda 'sono state annunciate anche interrogazioni parlamentari'.
Nel corso dell'indagine che a Terni ha coinvolto Dino Boffo, sono stati sentiti alcuni testimoni che hanno 'confermato' la conoscenza tra il direttore di Avvenire e la donna che lo denuncio' per molestie personali. Deposizioni che figurano tra gli atti del fascicolo, secondo quanto riferito oggi dal gip di Terni Pier Luigi Panariello che ha autorizzato i giornalisti a prendere visione oggi del decreto di condanna.
Il giudice ha confermato che agli atti non ci sono intercettazioni ma i tabulati telefonici relativi alle udienze di Boffo. Panariello ha quindi spiegato che il giornalista si difese sostenendo di non essere l'autore delle telefonate. Ma questa tesi - ha aggiunto - non e' stata approfondita non essendo stata evidentemente ritenuta attendibile da chi indagava'.
Il giudice Pier Luigi Panariello ha disposto che dal decreto penale di condanna, che i giornalisti potranno avere in copia, venga cancellato il nome della persona offesa. Panariello ha reso noto che il procuratore della Repubblica di Terni Fausto Cardella aveva invece espresso parere favorevole alla messa a disposizione dei giornalisti di tutti gli atti del fascicolo, celando comunque il nome della persona offesa.
'Ritengo - ha detto il gip - che il diritto di cronaca possa essere soddisfatto attraverso la divulgazione del fatto, cioe' di come si e' concluso il procedimento'. Secondo Panariello la conoscenza degli atti processuali va riservata alle parti coinvolte che, 'se lo vogliono possono poi metterli a disposizione'. Panariello ha tra l'altro detto che 'in questi giorni' i difensori di Boffo hanno chiesto copia degli atti del fascicolo.