Corriere della sera
di Marco Ascione
Forse davvero
ad Antonino Ingroia sarebbe convenuto accettare quell’incarico ad
Aosta. Tornare nuovamente a vestire la toga da pubblico ministero. Per
occuparsi d’altro. E ripartire. Mettendo un punto e tanta strada tra sé e
quella passione politica sistematicamente frustrata dalle urne. Addio
non solo alla Rivoluzione (e all’Azione) civile ma anche a una certa
idea di impegno che mal si sposa con i precedenti incarichi in
magistratura. E invece rieccolo, Ingroia, tra i comprimari del
melodramma siciliano. Fu proprio Crocetta a salvarlo da Aosta
chiamandolo in prima battuta a guidare la società di riscossione dei
tributi dell’Isola (assegnazione non andata in porto) e quindi la
Sicilia E-servizi, partecipata regionale che si occupa
dell’informatizzazione degli uffici. Incarico non politico, si dirà.
Anche se poi tutto ciò che attiene alla leve di comando è politica.
martedì 21 luglio 2015
Il ritorno di Ingroia o l’egemonia degli sconfitti
Commodore, il mito torna sul mercato a quarant’anni dal debutto
Corriere della sera
di Luca Zanini
Il primo «Pet» del 1977 poi il «64»
Dalle scatole di cartone agli schermi Gorilla Glass
Quella tastiera beige, che faceva sognare
Un successo da 17 milioni di pezzi
I videogiochi del Commodore: un catalogo infinito
Dal Pet al Vic 20 fino all’Amiga e al modello leader
Non fu Pet il primo pc, prima c’era l’Olivetti 101
Il rilancio nel 2010, ma senza grande successo
Tascabile e con performance da smartphone
Una croce nel logo dell’auto? Il Califfo ti multa
La Stampa
maurizio molinari
L’editto dell’Isis contro le «auto degli apostati», come le Chevrolet.
Mostrare le croci è vietato sui territori controllati dagli jihadisti
Guidare una Chevrolet può costare assai caro sulle strade del Califfato. Un’apposita disposizione del “Principe dei Credenti” definisce questo modello di vettura come l’”auto degli apostati” in ragione del fatto che il logo della casa produttrice include una croce stilizzata.
Esporre qualsiasi tipo di croce in un luogo pubblico è severamente vietato sui territori dello Stato Islamico (Isis) e ciò riguarda anche le Chevrolet perché “percorrono strade dei musulmani” e dunque sono visibili a tutti. Da qui la decisione delle autorità di Isis di stabilire multe severe per chi guida Chevrolet: fino a 200 dinari d’oro. Una cifra considerevole.
Le foto delle multe per chi guida Chevrolet sono state postate su Facebook e Twitter. La vicenda evidenzia l’attenzione dedicata dall’amministrazione dello Stato Islamico ad imporre gli editti del Califfo in ogni aspetto della vita dei circa 8-10 milioni di cittadini che risiedono in uno spazio di circa 250 mila kmq.
Il bianco e il nero
Se guardi il mondo in bianco e nero, sei come il signore a destra della foto, quello con la svastica sulla pancia e un’idea tutto sommato rassicurante e fasulla: tu sei il buono, gli altri fanno schifo. Gli altri sono i neri, i politici della Capitale, chiunque attenti alle tue consuetudini e ti costringa ad adeguarti e a cambiare. Scendi in piazza per manifestare contro di loro, ma stai per svenire dal caldo, un nero in divisa ti mette le mani addosso e non sai quale delle due iatture ti sgomenti di più.
Se guardi il mondo a colori, sei come il Leroy Smith alla sua sinistra. In venticinque anni di polizia forse non ti era mai capitato di soccorrere un adepto del Ku Klux Klan intento a insultare tutto ciò che tu rappresenti. Eppure lo prendi per un braccio e lo accompagni verso l’ombra ristoratrice. Perché è il tuo dovere. Perché noi non siamo mai quello che gli altri dicono di noi. Siamo i nostri gesti, non i loro giudizi e tantomeno i loro pregiudizi.
Lo sai, il mondo in bianco nero è una tana, mentre quello a colori un labirinto. Però, a differenza dell’altro, è vivo. Vivo, dunque incompleto. In fiduciosa attesa della prossima foto, quella del poliziotto bianco che soccorre il manifestante nero.
Paypal si separa da eBay
Corriere della sera
di Martina Pennisi
La società di pagamenti digitali si separa dal sito di e-commerce e potrà stringere nuovi accordi
PayPal guadagna il 9%, eBay perde il 4,7%. È cominciato così il primo nuovo giorno a Wall Street delle due società che hanno annunciato la separazione nel settembre del 2014. E le cifre di partenza al Nasdaq, dove Paypal è tornata con il simbolo con cui aveva debuttato prima di essere acquisita nel 2002 dal portale di e-commerce e conquista un valore di circa 52 miliardi di dollari, raccontano molto dei trascorsi e, soprattutto, delle aspettative per i prossimi mesi.
.@PayPal rang the opening bell in celebration of the return of $PYPL! #PYPL pic.twitter.com/ReCnApkBhX
— Nasdaq (@NASDAQ) July 20, 2015
Pronti per nuovi accordi
Dall’altra, tornando ai due ex coniugi, c’è il sito di aste online reinventatosi come e-commerce che deve vedersela sia con Amazon, che a fronte di un rialzo del settore e-commerce del 22% a 1,3 trilioni di dollari ha visto una crescita tre volte superiore a quella del 6,4% di eBay, sia con negozi online verticali come (il nostro) Yoox nel campo della moda. Senza dimenticare come Google e, ancora, Facebook si stiano attrezzando con i loro Buy Button. Ecco perché l’investitore Carl Icahn ha spinto lo scorso anno per la separazione. Ed ecco perché il mercato premia il futuro più snello di una realtà che, come spiega al Corriere della Sera il portavoce di PayPal in Italia Dirk Pinamonti, fa «il 70% delle transazioni fuori da eBay».Per contro, il 30% è «la conferma del fatto che rimarrà un partner di riferimento». Non ci sono però “vincoli di alcun tipo» e «alcuna condivisione di informazioni o dati sensibili e commerciali» che mettono Paypal nella posizione di esplorare altri accordi anche con realtà concorrenti di eBay, come Amazon stessa: «Sicuramente è una possibilità che andremo a investigare», afferma Pinamonti.
Un po’ d’acqua per il cane al bar finisce nello scontrino: 30 centesimi
Corriere della sera
Il «caso» postato su Facebook fa esplodere la polemica contro il locale: insulti e minacce
Quella ciotolina d’acqua per dissetare il cane, è già diventata un caso. Il centralissimo bar «Signore e Signori» in piazza a Treviso, ha fatto pagare 30 centesimi, battuti anche nello scontrino, un po’ di acqua data a un cagnolino. La foto dello scontrino «incriminato» è stata subito postata su Facebook ed è diventata virale, trascinandosi dietro la rabbia e l’indignazione di tutti quelli che amano i cani. E il bar è finito nel mirino di insulti e minacce.
Una coppia di trevigiani seduti ai tavoli del bar per uno spritz, nella torrida domenica pomeriggio aveva chiesto ai gestori del locale «Signore e Signori» di poter dissetare il loro cucciolo. Ma al momento del conto, quella ciotola d’acqua per l’amico a quattro zampe se la sono ritrovata sullo scontrino alla voce «acqua cane» 30 centesimi.
Una «scelta» quella del locale trevigiano che ha scatenato un inferno di polemiche, com’era prevedibile. Difficile giustificare quei 30 centesimi. Qualsiasi bar o ristorante, in qualsiasi località, infatti, se c’è da dissetare un cagnolino lo fa gratis, da sempre.
Perché il dating online è il nuovo obiettivo dei criminali informatici
Il caso Avid Life Media è solo l’ultimo di una lista destinata ad ampliarsi. Lo scopo principale è il guadagno derivato dal furto delle carte di credito e dei ricatti alle vittime. Attenzione alle app su smartphone e tablet
Frasi d’amore scambiate tra una pausa pranzo e l’altra, durante il tragitto in treno o prima di andare a dormire, sognando di aver trovato il partner ideale. Sono circa 37 milioni di utenti iscritti ai servizi di dating online gestiti da Avid Life Media, tra cui AshleyMadison.com e CougarLife.com, i cui server sono stati violati ieri dagli hacker del Team Impact che in tarda serata ne hanno rivendicato l’attacco. Il motivo? Sempre lo stesso, rubare dati personali e informazioni private, soprattutto i numeri di carte di credito e codici segreti utilizzati per accedere alle aree riservate dei portali e, beffa maggiore, per cancellarsi dalle piattaforme, visto che dopo la registrazione la procedura di eliminazione del profilo prevedeva un costo di 19 dollari.
A riportare l’accaduto è stato Brian Krebs, giornalista investigativo americano che ha scritto sul suo blog di come l’agenzia canadese abbia subito il più pesante attacco hacker della sua storia. Le conseguenze delle scorrazzate del Team Impact sarebbero già evidenti in rete con una prima pubblicazione dei file sottratti ad Avid Life Media e pubblicati online. Nonostante i proclami di aver rimosso dai server tutti i riferimenti agli iscritti, è evidente che il danno sia irreparabile con le credenziali di migliaia, forse milioni di persone in balia della volontà dei criminali informatici. L’unico metodo per tenere al sicuro il più vasto numero di iscritti? Chiudere del tutto il sito principale e quelli correlati, solo al quel punto gli hacker smetteranno di caricare gli archivi.
Ma tutto per il vile denaro? Non proprio. Dietro ci sarebbe anche una motivazione etica e tecnica: “Sebbene Ashley Madison prometta di cancellare le informazioni degli iscritti dietro il pagamento di 19 dollari, ciò non avviene. I loro nomi, cognomi e dettagli come i metodi di pagamento sono ancora lì e per nulla rimossi” – si legge sul manifesto del Team Impact
pubblicato sulla prima pagina del sito ufficiale appena dopo l’intrusione.
A quanto pare le piattaforme di dating online e di ricerca appuntamenti sono diventate oramai un obiettivo primario per i pirati informatici. Il motivo è semplice: mettere in difficoltà un’azienda che gestisce milioni di identità reali porta quasi sempre a raggiungere il proprio scopo, che sia direttamente economico, votato allo spam o ricattatorio. Solo due mesi fa, il sito AdultFriendFinder.com, conosciuto come la “comunità più bollente per incontri di sesso”, aveva subito un attacco con la compromissione degli accessi di quasi 4 milioni di iscritti. Gli effetti di quella incursione sono ancora sconosciuti ma di certo hanno comportato disagi maggiori visto che, come è risaputo, tra i frequentatori del sito c’erano molti mariti e fidanzati in cerca di una veloce avventura.
Secondo Global Dating Insights, i cyber criminali puntano sempre più a violare i siti di appuntamenti online per applicare tecniche di “sextortion”, ovvero estorsione basata su attività sentimentali che lasciano tracce in rete e che potrebbero mettere in imbarazzo almeno uno dei coinvolti. Agenzie di sicurezza informatica, come TrendMicro, hanno spiegato in più di un’occasione i metodi più subdoli utilizzati per ingannare i navigatori, non solo quando utilizzano un computer ma anche su smartphone e tablet. Come se non bastasse lo scorso febbraio i ricercatori di IBM Security hanno scoperto che più della metà di tutte le app di dating presenti su Android presentano vulnerabilità di media o elevata gravità. Insomma fissare un incontro online può anche andare bene, è spingersi oltre ad essere troppo rischioso.
Il porno ti spia, la lista dei siti “hot” che visiti potrebbe essere pubblicata online
La Stampa
Un ingegnere informatico: ogni browser, quando si naviga in Internet,
lascia un’impronta particolare. Se si visitano pagine su YouPorn o
PornHub si è tutt’altro che anonimi
Non ci vuole molto a spargere allarmismo in Rete. La maggior parte degli utenti ha ancora un’idea molto vaga di come funzionino le cose online, e basta poco per seminare il panico. È facile immaginare la reazione affannata dei tanti amanti del porno online (30 milioni solo negli Usa, secondo il Wall Street Journal), alla notizia che tutte le loro preferenze amatorie potrebbero finire un giorno online, con tanto di nome e cognome.
È quanto sostiene un ingegnere informatico di San Francisco, Brett Thomas, il cui post intitolato “Online Porn Could Be the Next Big Privacy Scandal” ha fatto molto discutere .L’argomento di Thomas è il seguente: ogni browser, quando si naviga in Internet, lascia un’impronta particolare, dato dal modello, dalla sua configurazione, dai plugin installati, dal luogo da cui ci si collega e da vari altri elementi che, tutti assieme, contribuiscono a distinguerlo dagli altri. Quindi, anche se si visita un sito come YouPorn o PornHub usando la “navigazione in incognito”, si è tutt’altro che anonimi.
Combinando ciò con le informazioni che si possono raccogliere attraverso i pulsanti social (come il “mi piace” di Facebook), i widget per la condivisione - “add this” è uno dei più famosi – i banner pubblicitari e altri elementi che fanno da contorno al video che si sta guardando, si può arrivare ad avere un’idea abbastanza precisa dell’identità dello spettatore. E, col tempo, arrivare a identificarlo con precisione anagrafica.
Di per sé, e per chi si occupa di questi temi, nulla di nuovo. Che ogni browser lasci un’impronta univoca e che esistano altri sistemi di tracciamento, è cosa nota da tempo. Il merito (o la colpa) di Thomas, se vogliamo, è quello di aver reso comprensibile la situazione a tutti, e toccando un ambito particolarmente sensibile. Un po’ com’è accaduto con la recente – strepitosa – intervista del comico John Olivier a Edward Snowden: finché si parla di sorveglianza elettronica in generale e di Nsa, si corre il rischio che la gente si addormenti, o di parlarsi addosso. Ma volgarizza la cosa, mostrando come il governo Usa intercetti e forse conservi immagini delle parti intime dei navigatori, ed ecco che la gente resta a bocca aperta (e si indigna pure).
Quanto al problema sollevato da Thomas, si tratta di un problema senza dubbio reale. Non è tanto dai siti porno che bisogna guardarsi, però, per proteggere la propria privacy, quanto dagli inserzionisti pubblicitari che cercano di tracciare la cronologia di navigazione (il maggiore network di banner, DoubleClick, appartiene a Google) e magari da qualche hacker burlone, che potrebbe essere tentato di rubare i numeri di carta di credito di guarda siti a luci rosse a pagamento, e metterli online come sberleffo.
Fermo restando che è impossibile evitare del tutto il monitoraggio, si può prendere qualche precauzione. Usare ad esempio un browser dedicato, solo per le attività più piccanti, in modo che non contenga la cronologia degli altri siti visitati, cancellare i cookie (rimedio peraltro sempre meno efficace), usare estensioni come Ghostery che bloccano gran parte dei sistemi di tracciamento. E diffidare, in questo ha ragione Thomas, delle seduzioni della navigazione in incognito, che in incognito assolutamente non è, e che può suscitare un falso senso di sicurezza che può essere addirittura controproducente.
Ador, il paese dove la siesta è un obbligo di legge
La Stampa
lidia catalano
Un’ordinanza del sindaco di Ador (Valencia) impone il riposo tra le 14 e
le 17. E a Madrid il nuovo sindaco vuole cancellare tutte le vie
dedicate a personaggi del franchismo
Ad Ador, comune di 1400 abitanti vicino a Valencia, la siesta è una faccenda seria. Tanto che il sindaco Joan Faus Vitoria ne ha imposto l’obbligo tra le 14 e le 17. Per tre ore al giorno niente tv e niente musica ad alto volume, e ai genitori si raccomanda di tenere i bambini in casa. Silenzio assoluto. L’unico rumore ammesso - se proprio non se ne può fare a meno - è il russare. «La nostra economia è legata alla campagna – spiega un portavoce del sindaco – quindi è assolutamente sensato prendersi una lunga pausa durante le ore più calde della giornata».
Vitoria è il primo a ufficializzare con un’ordinanza una tradizione secolare. C’è chi l’ha bollata come anacronistica, o peggio come un’iniziativa che pone un ulteriore freno alla fragile ripresa economica del Paese, ma i cittadini ne sono entusiasti. Ogni pomeriggio un agente della polizia locale è incaricato di girare per le vie della cittadina e mandare tutti a casa: «Non ci sono mai stati problemi, ma per chi infrange la regola - precisa il sindaco - non sono previste sanzioni. Più che un obbligo, è una raccomandazione».
Vitoria (della coalizione socialista e nazionalista Gente d’Ador) è stato riconfermato alla guida della cittadina alle elezioni amministrative dello scorso 24 maggio. Un voto che ha decretato una brusca battuta d’arresto per il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy, in favore della sinistra radicale che ruota attorno a Podemos. Il PP ha perso in due roccaforti storiche del centro destra come Madrid e Valencia. Manuela Carmena, 71 anni, ex giudice e nuovo sindaco della capitale spagnola, ha già annunciato di voler cambiare i nomi delle 167 strade dedicate a personaggi del franchismo.
Il nuovo corso politico ha portato anche a una stretta sul turismo. Ada Colau, neo sindaco di Barcellona, ha stabilito una moratoria sulle concessioni per un anno di nuove licenze per alloggi turistici, mentre i sindaci di Santiago de Compostela e La Coruña hanno dato una sforbiciata agli stipendi (36mila e 40mila euro l’anno). Mentre il PP arranca travolto dai casi di corruzione che hanno visto coinvolti diversi esponenti del partito, l’alternativa rappresentata dagli indignados di Pablo Iglesias guadagna consensi. in Spagna soffia il vento del cambiamento, e alle elezioni politiche di dicembre il vento potrebbe trasformarsi nel tornado Podemos.
A spasso per l'Italia 5 terroristi Sono arrivati coi barconi
Simone Di Meo
- Mar, 21/07/2015 - 09:57
Sono sbarcati, tra centinaia di anonimi disperati, sulle coste di Lampedusa poche settimane fa. Cinque miliziani della temuta «Jabhat al-Nusra», la formazione terroristica sunnita che, nella regione nord-occidentale di Damasco, sta conducendo una feroce battaglia per detronizzare il presidente siriano Bashar al-Assad. Per la prima volta, i servizi di intelligence hanno avuto contezza dell'approdo, in Italia, di una pattuglia di guerriglieri provenienti dagli sciagurati teatri mediorientali.
Gli 007 li hanno interrogati.
Ne conoscono i nomi e, in una relazione riservata inviata ai più alti vertici degli apparati info-investigativi del Paese, hanno ricostruito la loro recentissima storia. I rivoltosi del gruppo, che in arabo suona come «Partigiani del soccorso al popolo della Grande Siria» sono partiti oltre due mesi fa dalla Turchia, dove sono stati ricoverati per diverse settimane perché feriti in un attacco insieme a un gruppo di commilitoni, molti dei quali rimasti uccisi. Nei letti d'ospedale, i cinque hanno maturato la decisione di abbandonare la lotta insurrezionalista contro il governo di Damasco e di scappare.
Una volta guariti, hanno messo in atto una mossa strana. Invece di tentare la via più semplice (e trafficata) per Ankara, dove solitamente transitano i profughi che intendono abbandonare le sponde orientali del Mar Mediterraneo, hanno iniziato un giro lunghissimo che li ha portati prima nel Golfo Persico e poi in Sudan. Dalle province di Khartum, i cinque hanno successivamente fatto tappa in Libia dove, presumibilmente, sono riusciti ad acquistare i «biglietti»" per la traversata verso l'Italia. È probabile che la rotta turca sia stata scartata a causa dell'aumentare vertiginoso dei controlli, negli ultimi mesi, e dalla necessità di crearsi un diario di viaggio più rassicurante.
Il barcone che li ha ospitati, insieme a mogli e figli, è partito dal porto di Zuwarah, in Tripolitania. Una lussureggiante oasi nel deserto, dedita alla pesca e all'agricoltura, in cui le agenzie di sicurezza occidentali da anni stanno monitorando un fiorente mercato di migranti - per la maggior parte libici - che puntano verso la Sicilia e Lampedusa. E, proprio sull'isola, i cinque jihaidisti sono arrivati a bordo di uno sgangherato peschereccio, scortato dalle motovedette della Guardia di Finanza.
Messi i piedi sul molo, i miliziani di al-Nusra si sono subito dimostrati collaborativi con le autorità italiane premettendo di essere solo di passaggio nel nostro Paese. Vogliono lasciarsi alle spalle la rivoluzione siriana e la lotta all'esercito di Assad - hanno spiegato - perché il loro unico desiderio è trasferirsi quanto prima in una nazione del Nord Europa che, da qualche tempo, ospita i loro familiari. Il Fronte al-Nusra è una delle organizzazioni terroristiche più attive in Siria.
Ha rapporti di altalenante collaborazione con l'Isis - con cui condivide gli obiettivi della guerra settaria all'etnia sciita siriana e della destituzione di Assad - ed è storicamente in rapporti di sinergia con al-Qaeda. Il gruppo rivendicò il rapimento delle giovani Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, sequestrate in Siria nel luglio 2014 e liberate il 15 gennaio 2015; ed è noto - in Medioriente - per la ferrea applicazione della Sharia, la versione ultra-ortodossa della legge coranica. Ma anche dalle loro parti inizia ad esserci qualcuno che preferisce rischiare di annegare in mare piuttosto che combattere tra le dune di sabbia.
Fossi morta sarei più credibile?". La lettera della ragazza stuprata al giudice che ha assolto il branco
A questi giudici la ragazza ha voluto rispondere. Lo ha fatto con una lettera pubblicata sul blog Abbatto i muri: "Come potete immaginare che io mi senta adesso? Non riesco a descriverlo nemmeno io. La cosa più amara e dolorosa di questa vicenda é vedere come ogni volta che cerco con le mani e i denti di recuperare la mia vita, di reagire, di andare avanti, c’é sempre qualcosa che ritorna a ricordarmi che sì, sono stata stuprata e non sarò mai piú la stessa". Lo ha fatto per ribadire alla Corte d'Appello che lei, nonostante la violenza sessuale, esiste ancora.
"Esisto - scrive la ragazza - nonostante abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruir a stenti briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza: la violenza che mi é stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui é stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale".
Per l'avvocata Lisa Parrini che ha difeso la vittima si tratta di una sentenza impregnata di moralismo dal momento che è stata portata avanti indagando sulle abitudini sessuali della donna violentata per stabilire se davvero si è trattato di stupro. "Ogni maledetta volta dopo aver lavorato su me stessa, cercato di elaborare il trauma, espulso da me i sensi di colpa introiettati, il fatto di sentirmi sbagliata, sporca, colpevole - scrive la ragazza - dopo aver cercato di trasformare il dolore, la paura, il pianto in forza, in arte, ecco un altro articolo che parla di me. E io mi ritrovo catapultata di nuovo in quella strada, nel centro antiviolenza, nell‘aula di tribunale".
"Abbiamo perso tutti - condanna la ragazza - non hanno vinto loro, gli stupratori, la loro arroganza, il loro fumo negli occhi, le loro vite vincenti". E, dopo che i giudici di appello hanno clamorosamente ribaltato la sentenza del primo processo che condannava i sei ragazzi del branco, arriva addirittura a pensare che, forse, tornando indietro non denuncerebbe le violenze subite.
"Che se anche la giustizia con me non funziona prima o poi funzionerà - è l'auspicio - cambierà, dio santo, certo che cambierà". "Ebbene sì - conclude - se per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze oltre alla tua, le prove del dna, ma conta solo il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa e non ti periti di scendere in piazza e lottare per i tuoi diritti, se insomma sei una donna non conforme, non puoi essere creduta".